I disturbi alimentari
Da sempre il rapporto tra gli esseri umani e l’atto di alimentarsi è segnato dall’ambivalenza.
Necessità vitale, ma anche oggetto di desiderio il cibo provoca sia timore che diffidenza.
Non è semplice distinguere la misura del piacere del cibo che è bene concedersi da quella che è opportuno proibirci.
Il rapporto essere umano cibo è da sempre polemico.
La motivazione psicopatologica centrale nei disturbi alimentari è da collegare a uno schema autovalutativo disfunzionale. Esiste nelle persone affette da disturbi dell’alimentazione la tendenza a giudicare il proprio valore in funzione del controllo esercitato sull’alimentazione.
L’anoressia nervosa forse si presentò nel Medioevo sotto forma di digiuni ascetici (Caterina da Siena, Santa Chiara), è stata descritta nei testi di medicina fin dalla fine del Seicento e poi nell’Ottocento. William Gull (medico della regina Vittoria) accennò all’apepsia yisterica. Bulimia era una parola usata da Ippocrate (V sec. A.C.) e Aristotele (IV sec a. C.) e più tardi da Galeno (II sec. D.C.) con il significato di fame enorme, smisurata.
I voraci commensali dell’antica Roma avevano l’abitudine di procurarsi il vomito allo scopo di rendere interminabili i banchetti. Ma il contenuto essenziale della bulimia oggi è molto diverso e corrisponde a questioni profonde.
La prima storia clinica di probabile anoressia venne descritta da Pierre Janet nel 1903 come un caso di ossessione della vergogna del corpo Per la bulimia il primo caso riconosciuto è datato al 1932 in Germania.
Solo nel Novecento si collegarono i disagi del corpo con la condotta alimentare. Con lo studio dell’isteria di Breuer e Freud, nel lontano 1892/95 si cercava di comprendere la conflittualità del desiderio femminile, espressa nei sintomi corporei delle donne isteriche.
Lo sviluppo teorico dello studio sulla femminilità ha in seguito mostrato molte ambiguità. Le prime donne analiste che hanno seguito la teoria freudiana (Deutsch 1925, Klein 1928/32, Horney 1932) hanno cercato di sottolineare la differenza sessuale cambiandola e sviluppandola. Il dibattito sulla sessualità femminile è stato molto acceso a Londra e a Vienna negli anni Venti e Trenta. Freud nel 1937 concluse affermando che la sessualità femminile era “un grande enigma del sesso”.
Soprattutto in America le donne analiste fecero una grande scoperta: il rapporto pre-edipico, con la madre. (Da 1 a tre anni)
Il linguaggio corporeo femminile sembra esprimere il difficile percorso dell’identità femminile nell’acquisire una soggettività che deve contenere una memoria non rappresentabile, ma iscritta nel corpo, la memoria del corpo materno, della nascita (Zanardi, 1995). Anche Winnicott (1949/59) dedicò molto spazio a quel senso di Sé corporeo che forse inizia anche prima della nascita. Ci parla di elaborazione immaginativa delle parti somatiche dei sentimenti e delle funzioni del corpo (psiche del bambino).
La specificità femminile è mostrata dalla difficoltà delle femmine a separarsi, differenziarsi dalla madre (da queste antiche sensazioni) cercando di raggiungere la propria identità negando il bisogno di separazione. L’uguaglianza corporea con la madre confonde ( e crea fusione) rende più difficile alle bambine identificarsi con lei, separarsene e assumere un ruolo femminile. Il percorso è più complesso e sembra che i sintomi corporei mostrino una mappa di questo difficile percorso.
Possiamo vedere svilupparsi l’opposizione psiche-soma e il funzionamento mentale diventa cosa in sé sostituendo la madre e rendendola non più necessaria. (Winnicott 1949) Il linguaggio corporeo, oltre che da sintomi viene espresso soprattutto dai giovani nell’adornarsi, tatuarsi, nel forarsi il corpo: un desiderio di tornare al corpo come alla pelle come luogo di comunicazione, di parole. Nel corpo è iscritto il limite umano. La soggettività della donna è stata riconosciuta ( e percepita dalle donne stesse) da non molti decenni. L’oggettivizzazione della donna come madre, è esistita da sempre.
Come fa una bambina, una ragazzina a trovare la sua soggettività se da una parte si deve identificare con una non-persona e dall’altra fa fatica ad abbandonare la prima identificazione corporea con la madre? Il corpo rappresenta la madre - cosa svalutata da sé stessa, dal padre e dalla cultura - mentre la mente cerca disperatamente di raggiungere la sua soggettività. La figlia può assumere nel suo corpo la svalutazione del materno e nello stesso tempo l’onnipotenza di un corpo, senza bisogni, controllato dalla mente. Anche la società conferma questa scissione e impossibilità di convivenza tra l’essere soggetto e oggetto contemporaneamente. (Donna e madre)
Il dilemma dell’identità femminile si perpetua nel mettere insieme due aspetti di Sé.
E’ come se la cultura spogliasse la donna del diritto al suo corpo. L’anoressia è considerata dalla maggior parte degli studiosi una forma di protesta e si parla di “sciopero della fame”.
La nostra cultura nel creare un’enfasi del corpo, il corpo perfetto, oggettivizzato, paradossalmente nega il significato del corporeo. La negazione della morte tenta di superare i limiti del corpo attraverso una onnipotenza della mente. Nelle società occidentali viene dato molto rilievo al successo femminile, in contraddizione con le precedenti definizioni di ruolo, basato sulla condiscendenza, sulla sottomissione, sulla sacrificalità. Il ruolo impone alle donne richieste molteplici e contrastanti, ma contemporaneamente persiste (malgrado le conquiste) molta svalutazione della femminilità.
L’adolescenza esige un complesso percorso di crescita e separazione/individuazione rispetto alle figure genitoriali. L’intelligenza femminile viene temuta come minacciosa dai maschi e in ambito lavorativo/aziendale le donne trovano ancora difficoltà nell’avanzare a livelli manageriali La cultura industriale attuale svaluta anche il ruolo materno tradizionale e le donne vivono forti conflitti.
Oggi il problema dei disturbi alimentari diventa sempre più importante e urgente. Si parla di epidemia sociale. Fino agli anni ’60 l’anoressia era considerata una malattia rara. Attualmente, nei paesi industrializzati ( a cui appartiene l’Italia) ogni 100 ragazze in età di rischio (12-25 anni), 8 o10 soffrono di disturbi dell’alimentazione (10%) Per gli omosessuali l’incidenza dell’anoressia è uguale agli eterosessuali, ma la bulimia è appannaggio quasi solo degli omosessuali.
La metà nella forme più grave (anoressia, bulimia).
La proporzione tra i maschi e le femmine è di 10 femmine ogni maschio. (10 su 1) per l’anoressia (astinenza da cibo) queste percentuali si raddoppiano (20 su 1) per la bulimia (circolo abbuffate-vomito).
Tuttavia anche tra i maschi l’incidenza (casi nuovi per anno sembra in aumento forse nella stessa misura del sesso femminile. L’indice di massa corporeo (peso/altezza al quadrato) o BMI è il criterio che permette la seguente categorizzazione: malnutrizione (inferiore a 17.5), sottopeso(fino a 18.5), sovrappeso (tra 26 e 29), obesità (superiore a 30)
A proposito del sovrappeso In Italia riguarda il 42,5% dei maschi, mentre sono obesi il 10,5%. Le donne invece sono meno in sovrappeso (il 26,6%), ma è alto il tasso di obese (9,1%). In totale, risultano sovrappeso il 34,2% degli italiani e obesi il 9,8%, due dati in continua crescita.
In Gran Bretagna (29% di sovrappeso tra i 5 e i 17 anni, sia nei maschi sia nelle femmine), dei paesi mediterranei. In ogni caso, per l’Organizzazione Mondiale della Sanità 1 ragazzo su 5 in Europa è sovrappeso. Ogni anno, agli oltre 14 milioni di giovani europei in sovrappeso – 3 milioni dei quali obesi – si aggiungono 400 mila “nuovi” sovrappeso.
In Italia - stime della SIO (Società Italiana Obesità) - oltre un terzo dei bambini tra i 6 e i 9 anni risulta in sovrappeso o obeso (34,1%), un dato che scende al 25,4% nella fascia tra i 10 e i 13 anni, e precipita con l'adolescenza al 13,9%. Per i bambini e adolescenti italiani, al di sotto della maggiore età, l’obesità infantile si attesta al 4% di media.
L’obesità costituisce un altro fattore di rischio vitale(giovani adulti con un indice di massa corporea (BMI) di 35 o superiore hanno una riduzione nell’aspettativa di vita fino a 10 anni).
Età di esordio dei disturbi alimentari: tra i 10 e i 30 anni (17 età media), con un picco netto per l’anoressia tra i 12 e i 15 anni, per la bulimia dai 17 ai 20; molto raramente prima degli 8 anni e prima della pubertà. I primi cambiamenti somatici legati alla pubertà sono considerati fattori di rischio.
Eurispes/Ministero della Salute 2008
Ogni anno in Italia ci sono 3500 casi di anoressia e 6000 di bulimia
Tre milioni di persone (il 5% della popolazione italiana) soffrono di disturbi alimentari:
- anoressia 0,5 - 1%
- bulimia 1 - 3%
Ostuzzi e Luxardi 2006: ”Figlie in lotta con il cibo” ed.Castoldi
Guarigione DCA (Disturbi del comportamento alimentare) curati nei centri specializzati
- 50% entro i primi tre anni
- 70% entro sei anni
- 30% cronicizzazione ( dopo 10 anni 10% decesso)
Attualmente queste problematiche toccano tutte le classi sociali, mentre in passato erano maggiormente interessate le classi medio-alte e le grandi città.
Si osservano anche rari casi in menopausa, ma si tratta di recidive di un’antica anoressia con o senza depressione.
E’ importante citare quali siano le definizioni e i criteri diagnostici riconosciuti dal DSM IV(Diagnostic and statistical manual of mental disorders) redatto dall’APA (Associazione degli Psichiatri Americani):
I disturbi del comportamento alimentare secondo il DSM IV
- Anoressia nervosa
- Bulimia nervosa
- Disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati
Anoressia nervosa:
1) Rifiuto a mantenere il peso corporeo al peso minimo normale per l’età
e l’altezza o peso uguale o inferiore dell’85% del normale. BMI inferiore a 17.5
2) Intensa paura di ingrassare anche quando si è sottopeso
3) Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo o eccessiva
influenza del peso e /o della forma corporea sui livelli di autostima o rifiuto di
ammettere la gravità della condizione di sottopeso
4) Amenorrea per almeno tre cicli consecutivi
Sottotipi
- con restrizione
- con abbuffate e/o condotte di eliminazione (vomito auto-indotto, uso di lassativi, uso di diuretici, digiuno prolungato)
Bulimia nervosa:
1) Abbuffate ricorrenti (mangiare in un periodo di tempo una quantità significativamente superiore a quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nelle stesse condizioni, sensazione di perdita di controllo)
2) Ricorrenti condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso (vomito auto-indotto, lassativi, diuretici, attività fisica eccessiva, digiuno prolungato)
3) Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano in media 2 volte la settimana o più per tre mesi
4) I livelli di autostima sono indebitamente dipendenti dal peso e dalle forme del corpo
Tra i disturbi dell’alimentazione non specifici (EDNOS)
1) Bulimia senza tutti i criteri
2) Anoressia con ciclo conservato
3) Abbuffate compulsive (BED)
4) Ruminamento
Fattori di rischio individuali per lo sviluppo dei disturbi alimentari:
Etnia bianca occidentale
Sesso femminile
Età adolescenziale
Obesità, menarca precoce
Classe sociale medio-alta
Cambiamenti di stato
Esperienze traumatiche
Separazione e perdite ( affettive non solamente materiali)
Alterazioni dell’equilibrio famigliare
Nuove richieste ambientali
Minacce alla stima di sé
Fattori di rischio famigliari
Famigliarità per DCA. Genetica
Obesità di uno o entrambi i genitori
Trattamento dietetico di un membro della famiglia
Famigliarità per depressione, ansia, disturbo ossessivo - compulsivo. Alcolismo
Famiglie che forniscono bassa cura o scarse manifestazioni di affetto
Famiglie iperprotettive
Fattori di rischio socio culturali per i DCA
Pressione sociale alla magrezza
Magrezza come segno di indipendenza e successo
Pregiudizio sociale nei confronti dell’obesità
Mitizzazione dei disturbi alimentari
Sport (danza, ginnastica..)
Il vissuto è la paura di perdere il controllo e la stima di sé.
La reazione è una concentrazione esasperata sul corpo, sul peso, sulla dieta come campo privilegiato nel quale misurare e recuperare un valore assoluto di sé.
Segnali d’allarme:
Scuse per non mangiare (ho già mangiato, non ho fame, ho mangiato prima..)
Saltare i pasti
Mangiare solo “cibo sicuro” (a basso contenuto calorico, non la pasta, non fare merenda..)
Tagliare il cibo in piccoli pezzi
Sputare, buttare via di nascosto il cibo (trovare cibo nascosto)
Pesare tutto il cibo
Preparare dei pasti per gli altri e non mangiare
Pesarsi di continuo
Guardarsi molto allo specchio
Indossare vestiti multiformi e multistrati
Lamentarsi di essere grassi
Umore fiacco e perdita delle emozioni
Incubi a base di cibo
Rimedi:
Il modello bio-psico-sociale è il più moderno e accreditato (integrazione dei tre fattori seguenti)
- Interventi di tipo ambientale ( prevenzione, psicoterapia della famiglia)
- Interventi diretti a modificare con mezzi psichici la psiche dei soggetti malati (psicoterapia individuale e di gruppo)
- Interventi medico-biologico (educazione alimentare, farmaci)
Cure psicologiche
Dagli anni ’60 in poi ci sono stati approcci diversi nella cura dei disturbi dell’alimentazione:
- comportamentismo
- cognitivismo
- terapia cognitivo-comportamentale
- terapia della famiglia secondo modello relazionale-sistemico
- psicoterapie individuali
- riabilitazione psico-nutrizionale (diario alimentare ecc.)
- approccio multiprofessionale
Prevenzione:
Potenziamento dei fattori di protezione:
- Sostenere adeguatamente i processi fisiologici (e non) di separazione/individuazione in età evolutiva (genitori, insegnanti, adulti a contatto con minori).
- Promuovere un buon rapporto con l’immagine del proprio corpo arrivando alla pubertà in condizioni di peso normale.
- Favorire una buona capacità di gestire le proprie emozioni
- Migliorare la comunicazione nella scuola, sul lavoro, creando un clima di sostegno.
- Diffondere la conoscenza di base sulla tutela della salute.
- Sviluppare la capacità di affrontare situazioni difficili. (Empowerment. MS)
- Anche la stima di sé è un costrutto complesso: piacersi, rispettarsi, volersi bene, possedere un senso di sé come persona “capace di.”
- Implementare la capacità di analizzare criticamente i messaggi pubblicitari dei media ( per esempio quelli che riguardano l’alimentazione e l’aspetto fisico ideale)
In psicologia: l’immagine del corpo si struttura nel corso dell’esistenza, giorno dopo giorno, a partire dai primi giorni di vita.
La base è situata nelle prime relazioni con i genitori o chi accudisce il bambino. Il bambino si vede nello specchio dell’altro. Un attaccamento insicuro del bambino ai genitori può costituire infatti la causa di queste problematiche.
Per molti autori l’anoressia è una protesta verso il significato sociale del corpo femminile, sia le sante digiunatrici che le anoressiche esprimono una ricerca di identità personale e di autonomia.
Il cibo è più di qualcosa da mangiare: è legame, nutrimento affettivo. Legame materno, famigliare, sociale. E’ identità, appartenenza, memoria.
Sono in campo fattori individuali, familiari e culturali. Quindi: il genere e l’età.
Grandi difficoltà nel processi di separazione/identificazione, fissazione all’infanzia e a forme infantili di dipendenza e controllo. Sono soprattutto le femmine a incontrare il percorso più difficile: la madre è la stessa figura in cui bisogna identificarsi e dalla quale occorre separarsi per poi saper assumere un ruolo femminile e divenire adulte.
I disturbi alimentari si collegano all’immagine corporea: ciò che ci rappresentiamo, come interpretiamo soggettivamente il corpo: un intreccio di emozioni interiori, sentimenti e pensieri.
Successivamente gli incontri della vita, le prime relazioni sentimentali e sessuali, la cultura nella quale si cresce con i suoi valori e modelli ideali sono fondamentali.
La soddisfazione di sé e del proprio aspetto giocano un ruolo molto importante.
Disturbi dell’immagine di sé (dismorfofobia) sono note da oltre un secolo.
Tra le caratteristiche psicologiche: tratti ossessivi di personalità, aspettative esasperate, perfezionismo patologico
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Dati ISTAT circa l'obesità in Italia.
Indagine sulla salute realizzata dall’Istat nel 1999-2000. Il sovra-peso interessa il 33,9% degli italiani, l’obesità invece riguarda il 9%; si tratta di un fenomeno ancora contenuto in Italia, se si considera che la maggioranza della popolazione Italiana (il 53,5% ) è in condizioni di normo-peso.
Sono obesi più gli uomini delle donne, in misura maggiore gli abitanti del Sud di quelli del Nord. Oltre un quarto della popolazione adulta non svolge alcun tipo di attività fisica e questa mix tra inattività fisica e sovra-peso.
Le regioni meridionali, con il 46% della popolazione obesa sono in testa alla classifica dell'obesità. In Italia, il 36-37% dei bambini di 9 anni è interessato da obesità (e, in generale, è in sovra-peso il 35% di tutti i bambini ed obeso il 10-12%).
* Fonte: Dati Istat
Bibliografia:
- Massimo Cuzzolaro: “Anoressie e bulimie”. Ed: Il Mulino
- M.Palazzoli Selvini, S. Cirillo, A. Sorrentino: “Ragazze anoressiche e bulimiche” Ed: Cortina
- R.Ostuzzi, G. L. Luxardi: “Figlie in lotta con il cibo” Ed: Baldini
- F. Molfino e C. Zanardi “Sintomi, corpo e femminilità” Ed: Clueb
- Johan Vanderlinden “Vincere l’anoressia nervosa: Strategie per pazienti, familiari e terapeuti” Ed: Positive Presse
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